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13 lug
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Notiziario sui diritti della donna (2011)

Care Amiche,
Vi alleghiamo il notiziario del Comitato dei diritti della donna del P:E assieme a 2 interessanti bollettini sui progressi della donna in Europa, Medio Oriente e Africa.“Scarica il pdf in versione integrale”

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11 lug
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“Quale futuro per i talenti delle donne?

L’Assessorato alle Pari Opportunità  della Provincia di Milano è lieto di comunicarvi che il Quarto Rapporto Statistico di genere

“Quale futuro per i talenti delle donne? Scenari attuali tra eccellenze scolastiche, flessibilità  lavorative e disparità  di genere in provincia di Milano”

e la ricerca in due volumi sulle giovani donne milanesi:

“Verso la vita adulta, Vol. 1 ” Quale contesto per le giovani donne a Milano”

“Verso la vita adulta, Vol. 2 ” Traiettorie e progetti di giovani donne milanesi”

sono disponibili e scaricabili on line

 

Visita i link

http://temi.provincia.milano.it/donne/osservatorio_dati/osservatorio.php?p=nd2 

http://temi.provincia.milano.it/donne/pubblicazioni/pubblicazione.php?pub=R

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HCV
05 mag
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Conferenza stampa HCV – 2 marzo 2011

L’epatite C, in Italia

Circa due milioni di italiani convive con l’epatite C, il 3 per cento della popolazione. Ma in alcune aree del Sud la diffusione dell’infezione tocca anche il 25 %.

L’epatite C è la causa principale di mortalità per cirrosi e carcinoma epatico e l’indicazione più frequente al trapianto di fegato.

Due milioni di persone infette. Almeno 3.000 nuovi casi e oltre 10 mila decessi l’anno. Sono questi i numeri dell’epatite C in Italia, un’epidemia che non fa rumore, ma continua a mietere vittime. È infatti la causa principale di mortalità per cirrosi e carcinoma epatico e l’indicazione più frequente al trapianto di fegato.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che lo scorso maggio ha riconosciuto l’epatite C come un problema sanitario di impatto globale, ogni anno 3-4 milioni di persone contraggono l’infezione nel mondo e in totale sono circa 140 milioni quanti vi convivono: il 2,2% della popolazione globale.

Un tasso sovrapponibile a quello che si registra in Italia, dove tuttavia non sono disponibili studi sulla prevalenza dell’infezione da Hcv condotti su un campione rappresentativo dell’intera popolazione. È noto però che esiste un gradiente Nord-Sud, con aree del meridione dove il 25 per cento della popolazione ha contratto il virus nel corso della sua vita. Forti sono anche le differenze per fasce di età: la popolazione più anziana è notevolmente più colpita rispetto a quella giovane. La prevalenza stimate è superiore al 5% nelle persone nate prima del 1940, intorno al 3% in quelle nate tra il 1940 e il 1949, inferiore all’1,5% nei soggetti nati tra il 1950 e il 1959 e ancora più bassa nelle generazioni più giovani.

L’infezione è più frequente nelle persone che fanno o hanno fatto uso di stupefacenti per via endovenosa, negli emodializzati, in quanti hanno ricevuto fattori della coagulazione emoderivati prima del 1987 e trasfusioni o trapianto prima del 1992.

 

L’infezione

L’agente infettivo che causa l’epatite C è il virus Hcv, uno dei virus epatitici insieme a quelli delle epatiti A, B, D ed E. È stato identificato soltanto nel 1989, tanto che fino ad allora l’epatite C era definita come “non A non B”.

Il virus colpisce soprattutto il fegato stimolando la risposta del sistema immunitario dell’ospite e provocando danni strutturali e funzionali anche molto gravi: in particolare, la morte delle cellule epatiche (necrosi epatica), che vengono sostituite da un nuovo tessuto di riparazione-cicatrizzazione da cui ha origine la fibrosi epatica. Dalla progressiva sostituzione del tessuto sano ha origine la cirrosi epatica che si verifica nel 20-35 per cento dei malati. Nel 3-5 per cento dei casi, l’epatite dà origine al tumore epatico.

Numeri che fanno dell’epatite C la più letale tra le malattie infettive in Italia e la prima causa di trapianto di fegato (si stima che il 30-40 per cento dei trapianti epatici siano attribuibili alle conseguenze dell’infezione).

Nonostante ciò la maggioranza dei malati è inconsapevole di aver contratto la malattia se non quando essa giunge in fase avanzata: la patologia rimane, infatti, a lungo asintomatica.

 

La trasmissione

È il sangue, il principale veicolo del contagio dell’epatite C.

Per questo aghi e siringhe riutilizzati, l’uso improprio di strumenti medici e le trasfusioni sono stati a lungo le maggiori fonti di trasmissione dell’infezione.

Oggi, benché i tossicodipendenti rimangano una popolazione a rischio, l’introduzione dello screening obbligatorio del sangue basato sulla ricerca degli anticorpi anti-Hcv, ha cambiato lo scenario.

Il rischio di trasmissione è spesso legato all’esecuzione di piercing, tatuaggi, agopuntura, interventi odontoiatrici ed endoscopie. Un ruolo importante è svolto anche dalla contaminazione di oggetti, il più delle volte comuni, che possono causare piccole ferite (forbici, rasoi, spazzolini, tagliaunghie).

In circa il 5 per cento dei casi l’infezione si trasmette anche per via sessuale. Ma esistono condizioni che aumentano il rischio di trasmissione con questa modalità: la malattia epatica in fase acuta, un’attività sessuale promiscua, lo stato di immunocompromissione e l’infezione da Hiv, la presenza di lesioni genitali.

L’infezione si trasmette nella grande maggioranza dei casi per via orizzontale, vale a dire da individuo a individuo, ma il 3-5% dei contagi avviene per via verticale-perinatale (da madre a figlio). Il rischio di trasmissione verticale può raggiungere il 15-25% nei casi di madri Hiv-positive.

 

Epatite A, B e C

Benché appartengano alla stessa famiglia, i virus dell’epatite A, B e C causano infezioni con quadri clinici e modalità di trasmissione completamente differenti.

L’epatite A si trasmette quasi esclusivamente per via oro-fecale. Nel nostro paese i fattori di rischio per l’infezione da Hav sono il consumo di frutti di mare, l’abuso di alcolici, il consumo di acqua. Frequente è la trasmissione durante viaggi in aree dove l’infezione è endemica.

A differenza delle altre epatiti, l’epatite A non cronicizza. Frequentemente inoltre è asintomatica, mentre sono molto rare le forme fulminanti.

Dopo la guarigione si ha un’immunità permanente dal virus Hav, quale sia stata la gravità della patologia.

L’epatite B è la forma di epatite più diffusa nel mondo. L’Oms stima siano 350-400 milioni i portatori cronici e che un terzo della popolazione mondiale possegga anticorpi contro il virus (ha quindi contratto il virus o è stato vaccinato nel corso della propria vita). Nonostante la disponibilità di un vaccino, rimane alto il numero di nuovi casi: 4,5 milioni di soggetti contraggono il virus ogni anno.

La trasmissione dell’infezione può avvenire attraverso il sangue, ma anche per via sessuale e transplacentare.

Come l’epatite C, anche l’epatite B può presentarsi in forma acuta o cronica. La complicanza maggiore dell’infezione acuta è l’epatite fulminante che, seppur rara, può richiedere il trapianto di fegato. Le probabilità di una cronicizzazione della malattia sono strettamente legate allo stato di maturità e di funzionalità del sistema immunitario al momento dell’infezione. Se l’infezione è contratta in età adulta le probabilità che si cronicizzi sono prossime al 5 per cento, ma se ciò avviene in età neonatale il rischio arriva al 90 per cento.

 

2 marzo 2011

 

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EsponiTi
28 apr
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EsponiTi 2011

17 maggio 2011

ATM bar

Bastioni di porta Volta 18 – Milano

Dal 17 al 24 maggio, presso il celebre locale ATM Bar di Milano, si è tenuta la seconda edizione di Esponiti,  una mostra  fotografica che ha permesso a giovani  artisti di esporre le proprie opere, quadri, fotografie, poesie e quant’altro.

L’edizione del 201, organizzata da Gaia360° in collaborazione con Donne in rete onlus, rappresenta uno degli eventi più importanti per il pubblico gay e gay friendly, in concomitanza con la VII Giornata mondiale contro l’Omofobia/ Lesbofobia/ Transfobia (IDAHO).

L’ambito artistico delle opere esposte, circa 30, spazia dalla pittura, alla fotografia, al disegno fino alla poesia.

Esponiti è una mostra collettiva che ha un contenuto informativo e di sensibilizzazione riguardo le tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), che permette a numerosi artisti di esporre le loro opere e di raccontare, attraverso l’arte, il disagio e le gioie legate a una realtà troppo spesso fraintesa e demonizzata.

Si tratta di un evento unico nel suo genere.

In un clima politico e sociale ostile, l’obiettivo è quello sensibilizzare una città vivace, che a volte mostra un lato ottuso e poco incline all’apertura mentale, per permettere a chiunque di “esporsi”, uscire allo scoperto e allontanarsi dalle regole di una facile ghettizzazione, smettendo di autocensurarsi per paura del giudizio e della violenza fisica e verbale.

Essere liberi, in una città e in un paese in cui si hanno gli stessi doveri, ma non sempre gli stessi diritti.

 

 

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copertina
11 apr
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Sapete cos’è la medicina di genere?

Opuscolo informativo, realizzato da Donne in rete in collaborazione con l’assessorato alle Pari Opportunità  della Provincia di Milano, dal titolo “Sapete che cos’è la medicina di genere?“

E’ ormai assodato che le donne vivono pi๠a lungo, ma si ammalano di pi๠ed usano maggiormente i servizi sanitari: sebbene infatti vivano pi๠a lungo degli uomini, hanno l’onere di un maggior numero di anni di vita in cattiva salute. Non c’è da stupirsi dunque se secondo i dati Istat del 2008 l’8,3 per cento delle donne italiane denuncia un cattivo stato di salute contro il 5,3 per cento degli uomini.

Depliant “Sapete cos’è la medicina di genere?”

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copertina
30 mar
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Sapete cos’è la medicina di genere ?

7 aprile 2011

sala Spazio Guiggiardini,

Provincia di Milano

L’Organizzazione mondiale della sanità ha cominciato a dare sempre maggior rilievo alle tematiche di genere, al punto da affermare che “alla salute della donna deve essere dato il più elevato livello di visibilità e urgenza”.

Nonostante una sensibilità in qualche modo crescente in Europa, e analogamente in Italia, non esistono attualmente studi disponibili né raccolte di dati per verificare la rappresentatività del genere femminile negli studi clinici. Allo stesso modo, non sono state formulate regole specifiche di inclusione delle donne negli studi clinici, essendo stata ritenuta sufficiente la richiesta che nei trial siano presentati dati demografici e valutazioni statistiche per tutte le sottopopolazioni, individuando le donne tra queste ultime.

Occorre dunque che si sviluppi una specifica sensibilità per integrare le diversità nei processi e nelle politiche di cura e di tutela della salute. Ė inoltre importante accompagnare la sensibilizzazione dell’industria farmaceutica a queste problematiche.

La scarsa attenzione prestata in campo medico nei confronti delle differenze biologiche e sociali è parzialmente responsabile del  “paradosso donna”: le donne vivono più a lungo degli uomini, ma si ammalano di più, usano di più i servizi sanitari e hanno un maggior numero di anni di vita in cattiva salute. Secondo i dati standardizzati raccolti nel 2007 dall’Istat, la disabilità femminile è circa doppia in confronto a quella maschile. Il valore di disabilità nelle funzioni quotidiane è pari al 17 per cento nelle donne e all’8,9 per cento negli uomini, la prevalenza di patologie psichiatriche nelle donne è del 7,4 per cento e del 3,1 per cento negli uomini e quella dell’osteoporosi è del 9,2 per cento nelle donne rispetto a 1,1 per cento negli uomini.

Oltre alla dimensione strettamente patologica, assume anche particolare rilevanza la dimensione socio-economica relativa a queste disabilità. Le conseguenze invalidanti in cui infatti incorrono le donne a causa di soluzioni terapeutiche non mirate, associate a una più lunga aspettativa di vita, le condizionano, mettendole a rischio di vivere periodi di profonda solitudine e disagio economico, soprattutto in età anziana.

Le donne vivono più a lungo degli uomini, ma si ammalano di più, usano di più i servizi sanitari e hanno un maggior numero di anni di vita in cattiva salute. Alla base di questi sviluppi sta anche il fatto che gli studi clinici sui farmaci non tengono in adeguata considerazione i test sulle donne. Lo sviluppo di approcci diagnostici e terapeutici che valutino le differenze di genere tra donne e uomini potrebbe consentire di migliorare le prospettive della salute femminile.

Il tema delle disuguaglianze come stimolo la medicina di genere come area di intervento.

E’ necessario oggi un approccio che veda la cooperazione stretta tra centri di ricerca ,ospedali e università ,ed istituzioni pubbliche per favorire la crescita della conoscenza ,l’aumento degli studi specifici ,di uno stile nuovo di fare ricerca, ma soprattutto la costruzione di una coscienza pubblica competente ed esigente.

In questa direzione si muove la redazione e la diffusione della pubblicazione  che oggi presentiamo,a significare ancora una volta come il  rapporto tra associazioni e istituzioni possa utilmente concorrere alla crescita civile e all’aumento della pressione pubblica per il raggiungimento degli obbiettivi di crescita e di eguaglianza .

Milano 7 aprile 2011

Programma Sapete cos'è la medicina di genere

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Controvento
21 mar
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Presentazione del libro “Controvento”

Dall’esperienza del laboratorio di medicina narrativa del Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS nasce “Controvento”, un volume edito a cura dell’Istituto Superiore di Sanità che raccoglie nove testimonianze di malattia e l’omonimo spettacolo, liberamente ispirato alle storie vere dei malati e in programma al teatro Sala Umberto di Roma in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare.
Un libro e uno spettacolo, inseriti nel più ampio progetto “Sulle Ali di Pegaso” realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, per parlare delle malattie rare e sensibilizzare le istituzioni per fare di queste patologie una priorità in sanità e in ricerca, ma non solo.

Grazie alla collaborazione del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, volume e spettacolo approderanno infatti nelle scuole per trasferire all’interno delle aule scolastiche il tema malattie rare, stimolando la creatività degli alunni su questa complessa problematica e favorendo assi portanti dell’educazione alla convivenza civile quali l’integrazione e la comprensione del “diverso”.
A sostenere l’iniziativa è l’Università telematica San Raffaele Roma, che ha contribuito con una borsa di studio dedicata ad Alessandra Bisceglia (una giovane giornalista Rai scomparsa a soli 28 anni per una rara malformazione vascolare e alla quale si è deciso di dedicare lo spettacolo), e dieci corsi di laurea gratuiti per studenti colpiti da queste patologie.

Per la ricerca scientifica la Fondazione Roma interviene poi con il cofinanziamento, insieme allo stesso ISS, di un progetto di ricerca sul ruolo dei microrna nelle malattie rare.
Le malattie rare sono malate di incomunicabilità. Spesso difficili da spiegare, parte di un universo complesso di patologie sottodiagnosticate e spesso senza terapia – spiega Enrico Garaci, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – . Promuovere, attraverso questo progetto, l’informazione e la sensibilizzazione su di esse significa certamente sostenere l’attività di ricerca e monitoraggio che è il nostro primario compito. Ma significa soprattutto coinvolgere e responsabilizzare tutti, dalle istituzioni ai cittadini, a collaborare, come hanno già fatto l’Università San Raffaele-Roma e la Fondazione Roma Terzo settore, traducendo in un sostegno concreto l’appello che i malati, raccontando le loro storie nel libro e sulla scena, rivolgono alla società intera”.

Cuore del progetto è lo spettacolo Controvento. Sei autori teatrali raccontano le malattie rare, atteso al teatro Sala Umberto di Roma il 28 febbraio alle ore 21 in concomitanza con la Giornata Mondiale delle Malattie Rare. Si tratta di un allestimento che, su regia di Paolo Triestino, cuce insieme sei atti unici scritti appositamente da sei autori contemporanei – Gianni Clementi, Simone Cristicchi, Edoardo Erba, Vittorio Franceschi, l’irlandese Gina Moxley e Spiro Scimone – e ispirati a storie vere e testimonianze dirette.

save the date Controvento

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HepatitisC
08 mar
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Epatite C: “Per salvare il fegato non ci vuole fegato. Solo un test”

Circa due milioni di italiani convivono con l’epatite C, che rappresenta la causa principale di mortalità  per cirrosi e carcinoma epatico e l’indicazione più frequente al trapianto di fegato. È però scarsa la percezione della diffusione e della gravità  dell’infezione.

 

Parte la campagna “Per salvare il fegato non ci vuole fegato. Solo un test”

 

 

Sono due milioni gli italiani che hanno contratto l’epatite C. e 10 mila quelli che ogni anno muoiono per le conseguenze dell’infezione. Anche se rimane silente per anni, l’epatite C è, infatti, la causa principale di mortalità  per cirrosi e carcinoma epatico e l’indicazione pi๠frequente al trapianto di fegato. Tuttavia, per gli italiani, l’infezione è una delle tante malattie di cui si è sentito parlare senza che però se ne sappia molto nel dettaglio. E cosଠluoghi comuni e pregiudizi la fanno da padroni.
Lo dimostra l’indagine “Epatite C percezione e conoscenza”, commissionata da Donneinrete Onlus e Women in Hepatology e condotta da Swg e Health Communication, presentata oggi a Roma alla Camera dei Deputati.
Solo un italiano su cinque ha percezione della reale diffusione dell’infezione e molti, tra quanti vivono da vicino la malattia, non hanno idea di quale sia stata la fonte del contagio. In assenza di informazioni, poi, si continuano a temere le trasfusioni e i contatti con persone infette. Nonostante ciò, l’epatite C non è considerata fonte di preoccupazione dalla popolazione ed è surclassata da malattie come la demenza senile e pi๠rare come la sclerosi multipla.
Uno scenario allarmante sul quale le due Associazioni hanno voluto puntare i riflettori non solo per portare alla luce il livello di informazione tra la popolazione italiana, ma anche per tutelare la salute delle donne nonostante questa patologia non presenti evidenze cliniche che individuino nella popolazione femminile un maggior rischio di infezione.
Donne in Rete e Women in Hepatology promuoveranno quindi attraverso la stampa, portali web, radio e tv una campagna sociale dal titolo “Per salvare il fegato non ci vuole fegato. Solo un test“.
Per l’occasione è stato inoltre realizzato, per Donneinrete,  un video dell’Associazione TooGeniusFreaks www.toogeniusfreaks.it.
Alla campagna hanno aderito i parlamentari Fiorenza Bassoli, Laura Bianconi, Franca Biondelli, Rossana Boldi, Gianni Mancuso e Ignazio Marino.
Ci sono tre elementi particolarmente critici che suggeriscono una attenzione speciale all’universo femminile – spiega Rosaria Iardino, presidente di Donneinreteil primo è la tradizionale minore attenzione delle donne, soprattutto se madri di famiglia non pi๠giovanissime, a prendersi cura della propria salute. Il secondo elemento riguarda il problema dell’alcolismo. Un abuso che quando interessa le donne rimane celato tra le mura domestiche. Il terzo elemento è dato dal fatto che l’infezione da Hcv può avere ripercussioni al momento della gravidanza e del parto, aspetto di cui le donne devono essere consapevoli“.
Ci sono poi le differenze di genere che impongono nuovi approcci alla malattia.
È fondamentale definire – sottolinea Erica Villa, Presidente di Women in Hepatology e professore ordinario di gastroenterologia all’Università  di Modena e Reggio Emilia – quelle che sono le esigenze della donna in termini di necessità  di cura e di protocolli dedicati. In sostanza è prioritario arrivare a un riconoscimento della diversità  di genere. Finora la maggioranza degli studi sono stati effettuati su gruppi misti, ma molto spesso su gruppi maschili, estrapolati alla donna. Invece, la donna e soprattutto quella affetta da epatite C ha la necessità  di essere riconosciuta, studiata e trattata in quanto tale. Da studi scientifici che abbiamo condotto è emerso, ad esempio, che la menopausa modifica drasticamente la risposta alla terapia con interferone nell’epatite C rendendo la donna resistente alla terapia. Non solo, non dimentichiamo che la malattia dopo la menopausa diventa rapidamente pi๠severa in quanto si perde la protezione contro lo sviluppo del tumore assicurata alla donna fino a quando è in età  fertile. Ecco perché è essenziale che tutti gli studi vadano ripensati in termini di valutazione dello stato riproduttivo“.
Per tutte le patologie – chiarisce Flavia Franconi, professore ordinario di farmacologa all’Università  di Sassari e presidente italiano di Salute e Genereè fondamentale considerare le diversità  di genere esistenti, le quali possono produrre protocolli differenti di terapia, diagnosi e prevenzione. E queste diversità  devono essere considerate anche quando ci troviamo in presenza di malattie infettive, soprattutto viste le molte difformità  a livello epatico tra il mondo femminile e quello maschile come comprovato da studi scientifici. È quindi possibile ipotizzare che esistano anche differenti reazioni alle infezioni da epatite C. Di sicuro c’è una maggiore incidenza di effetti collaterali tra le donne rispetto agli uomini, soprattutto relativamente all’anemia e anche una diversa risposta vaccinale nelle donne che rispondono pi๠dell’uomo. Ma tutto questo va indagato“.

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04 mar
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8 Marzo Presidio e critical mass a Milano

Dopo la manifestazione di sabato 29 gennaio in Piazza della Scala a Milano, e dopo la grande giornata di mobilitazione nazionale del 13 febbraio, in rete con le iniziative di “Se non ora quando”, abbiamo deciso di_riprenderci simbolicamente_la data dell’8 marzo per continuare_ad affermare_la libertà  e la dignità  delle donne, la loro intelligenza e i loro saperi come elementi essenziali per_la democrazia e lo sviluppo del nostro Paese.
Per questo ci ritroveremo alle 18 in Piazza Mercanti, a Milano, ancora una volta con le sciarpe bianche, per dare vita a un presidio e a una “critical mass” delle donne.

 

8 marzo 2011: le donne danno i numeri!

 

Lo faremo con cartelli e striscioni e girando per il centro in bicicletta per spiegare che le donne sono il 60% dei laureati, ma solo il 46% di chi lavora. Che sono il 42% dei magistrati, il 32% dei medici, il 42% degli avvocati, il 30% degli imprenditori ma guadagnano, in media, il 20% in meno degli uomini a parità  di lavoro. Che lavorano pi๠degli uomini tra professione e lavoro di cura ma i loro contratti sono a part-time e a tempo determinato pi๠di quelli degli uomini, e che pi๠di loro sono precarie.
In Italia (tra gli ultimi paesi d’Europa) il 21% dei deputati e il 19% dei senatori è donna. Nel governo ci sono 5 ministre, di cui 3 senza portafoglio. Nei consigli d’amministrazione delle società  quotate in borsa la presenza femminile è solo del 3% (In Norvegia è pari al 42%). Il 68% delle donne tra i 20 e i 49 anni ha un’occupazione se non ha figli, il 60% se ha un figlio, il 54% se ha due figli.
In Italia, la spesa per le politiche sociali e famigliari rappresenta l’1.3% del PIL, meno della metà  della media europea, un terzo della Francia. Le donne fanno il 77% del lavoro famigliare; solo il 10% dei bambini da zero a due anni frequenta un nido. Il welfare per i piccoli è rappresentato dai nonni (chi li ha). Alle richieste di part time e orari flessibili spesso le aziende rispondono negativamente (mobbing strategico). Il 40% delle donne sotto i 40 anni (e il 55% di quelle sotto i 30 anni) non può fruire delle tutele sulla maternità  previste dalla legge perchè non ha un lavoro a tempo indeterminato.

 

Le leggi, gli integralismi religiosi, il lavoro, certe politiche della famiglia sbandierate ipocritamente e moralisticamente da chi, come il premier, per primo inquina la vita pubblica, tentano di ricondurci nei ruoli tradizionali e di ostacolare la libertà  di disporre della nostra vita. C’è una responsabilità  maschile in tutto ciò: basti pensare ai vantaggi che l’uomo continua a garantirsi, e alla violenza materiale e simbolica di cui il corpo femminile continua a essere oggetto; è per questo che le donne che hanno manifestato il 13 febbraio hanno chiesto agli uomini l’impegno a volgere lo sguardo su di sé, a interrogare la propria storia._Qualcuno lo sta facendo, e sta mettendo in discussione insieme a noi i modelli pervasivi che il degrado della vita pubblica ha prodotto, improntati al pi๠bieco machismo e alla rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale.

 

Noi vogliamo dire basta a tutto questo prima che sia troppo tardi.
Ci vogliamo riprendere, senza falsi moralismi, la città  e la vita pubblica, liberandola dalla corruzione, dall’ipocrisia, dal familismo, dall’omofobia. Noi pretendiamo istituzioni oneste e che lavorino nell’interesse del miglioramento della vita di tutte e di tutti. Non siamo in vendita, non siamo merce di scambio per festini, non stiamo dietro le quinte ma in piazza. Diamo visibilità  alla nostra voglia di cambiare questo Paese, appendiamo in tutte le città  e i paesi della nostra regione un lenzuolo bianco fuori dalle nostre finestre dall’8 al 14 marzo.

 

E’ il 14 marzo infatti la data nella quale a Milano si terrà  una grande assemblea di discussione e di confronto per raccogliere nuove energie e dare continuità  alla mobilitazione delle donne.

 

Le donne hanno i numeri!

 

Comitato delle donne che hanno organizzato le manifestazioni milanesi del 29 gennaio e del 13 febbraio

 

Prime firmatarie: Ileana Alesso; Paola Bentivegna; Ivana Brunato; Iaia Caputo; Adriana Cavicchioli; Arianna Censi; Fulvia Colombini; Marina Cosi; Ilaria Cova; Chiara Cremonesi; Marilisa D’Amico; Ada Lucia De Cesaris; Piera Landoni; Elena Lattuada; Paola Lovati; Marina Piazza; Patrizia Quartieri; Assunta Sarlo; Tiziana Scalco; Sara Valmaggi; Francesca Zajczyk

 

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15 feb
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PIANO PREVENZIONE 2010-2012

I programmi di screening attivi a livello nazionale sono:
- carcinoma della mammella
  (mammografia ogni due anni per tutte le donne di età  compresa tra i 50 e i 69 anni)
- Carcinoma del colon retto
   (esame del sangue occulto nelle feci ogni due anni per uomini e donne tra i 50 e i 69 anni)
- Carcinoma della cervice uterina (pap-test ogni tre anni per le donne tra i 25 e i 64 anni)
La Regione Lombardia,  alla lettura dei dati, dimostra un ritardo rispetto alle altre regioni e, soprattutto, non ha preventivato azioni correttive per il prossimo triennio finalizzate al miglioramento di questi indicatori ma si è data come obiettivo esclusivamente il mantenimento dei risultati degli anni precedenti.
Nello specifico – come risulta dal “Progetto di valutazione delle performance sanitarie” commissionato dal Ministro Fazio per misurare l’appropriatezza, l’efficienza e la qualità  dei servizi sanitari erogati a livello regionale e pubblicato nell’aprile 2010 – per lo screening del carcinoma mammario viene inviata la lettera di invito al 93% delle donne ma nel 2008 solo il 55% ha effettivamente risposto all’invito ponendo la Lombardia al decimo posto in Italia. Risulta inoltre una preoccupante  tendenza negativa tra 2007 e 2008 con una decrescita del numero delle reali adesioni che passa dal 64% al 55%.
Inoltre non è prevista alcuna iniziativa regionale integrativa mentre in Regioni come l’Emilia Romagna è già  prevista, a carico del sistema sanitario regionale, l’estensione dello screening alle donne tra i 45 e i 74 anni e, la periodicità  per la fascia delle pi๠giovani, è di una volta l’anno.
Indicatore P4 Adesione grezza screening mammografico (50-69 anni)

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